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L'OLIO DELLA PIANA DEL SELE
 

 
Origine e diffusione dell'olio

L'origine dell'olivo si perde nella notte dei tempi; la sua storia si confonde con quella delle civiltà mediterranee che per secoli hanno retto il destino degli uomini e lasciato la loro impronta nella cultura occidentale. La sua zona originaria si estende dal sud del Caucaso agli altipiani dell'Iran e alle coste mediterranee della Siria e della Palestina. La coltivazione dell'olivo si sviluppò notevolmente in queste due ultime regioni fino a penetrare in Anatolia attraverso l'isola di Cipro e in Egitto attraverso l'isola di Creta. 

Tra le più antiche vestigia si possono citare i giacimenti pliocenici d'Italia, i resti fossilizzati del Paleolitico Superiore nell'Africa Settentrionale, le pitture rupestri del V - II millennio a. C. scoperte nella zona montagnosa del Sahara Centrale, gli scavi dell'Eneolitico e dell'età del Bronzo in Spagna, nonché pitture, rilievi e reliquie dell'epoca minoica nell'isola di Creta (3500 a. C.) e ghirlande con ramoscelli di olivo che coronavano le mummie della XX dinastia in Egitto, ecc.
 

  

 
Storia e legenda 

I popoli antichi: Fenici, Greci, Romani, Cartaginesi, Arabi, ecc. diffusero l'olivo per tutto il mediterraneo. Le caravelle spagnole lo hanno introdotto nel XVI secolo nel nuovo mondo. Oggi lo si può trovare anche in Africa del Sud, in Cina, in Giappone e in Australia. La leggenda dell'olivo si rifà alla fondazione di Atene e di Roma. 

  

Nella disputa per il patrocinio della neonata Atene, Poseidone, battendo col suo tridente, fece uscire dalla terra un magnifico cavallo, bello, forte, rapido e agile, mentre Pallade Atena fece nascere un olivo, capace di dare la fiamma per illuminare le notti, di lenire le ferite, di essere un pregevole alimento, pieno di sapore e di energia. Per i romani, Romolo e Remo, discendenti degli Dei e fondatori di Roma, videro la luce per la prima volta sotto i rami di un olivo. La leggenda unisce anche l'olivo a Adamo, padre dell'umanità, e nella Bibbia, la colomba liberata da Noè ritorna all'Arca con un verde ramoscello di olivo nel becco, segno della fine del Diluvio. 
 

 

 
Elaborazione dell'olio


L'estrazione dell'olio d'oliva con metodi meccanici consiste nel liberare la frazione oleosa dal tessuto cellulare, favorendo il processo della coalescenza. Le goccioline, all'inizio microscopiche, si riuniscono in gocce più grandi. Si formano in questo modo le cosiddette "tasche", che a loro volta danno origine alla fase continua di liquido. Non è facile liberare tutto l'olio presente nelle olive, perché non tutte le cellule vengono rotte nei processi d'estrazione; in oltre parte dell'olio che esce dalle cellule rotte rimane intrappolato nella parte solida costituita da frammenti di bucce, sostanze colloidali, ecc. 

Infine una % d'olio è intrappolata sotto forma di emulsione con l'acqua di vegetazione. L'olio cosi legato è assai difficile da far coalescere e pertanto tutte le operazioni che si effettuano negli impianti di estrazione tendono a limitare e a minimizzare questa difficoltà. Una buona tecnica d'estrazione deve conseguire tre obiettivi: 1) mantenere il più possibile inalterata la composizione chimica dell'olio, cosi come si trova nel frutto allo stato originale; 2) portare a termine il processo in tempi contenuti; 3) limitare al minimo indispensabile l'intervento manuale, sostituendo con operazione automatizzata.
 

 

 
Denominazione e definizione degli oli di oliva e degli oli di sansa di oliva
 
L'olio di oliva vergine è l'olio ottenuto dal frutto dell'olivo soltanto mediante processi meccanici o altri processi fisici, in condizioni, segnatamente termiche, che non causano alterazioni dell'olio stesso, e le olive non hanno subito alcun trattamento diverso dal lavaggio, dalla decantazione, dalla centrifugazione e dalla filtrazione; è escluso l'olio ottenuto mediante solvente o con processi di riesterificazione e qualsiasi miscela con oli di altra natura. Detto olio di oliva è oggetto della classificazione e della denominazione che seguono:
a. Olio extra vergine di oliva: oli di oliva vergine il cui punteggio organolettico è uguale o superiore a 6,5; la cui acidità libera espressa in acido oleico è al massimo di 1 g. per 100 g. 
b. Olio di oliva vergine: olio di oliva vergine il cui punteggio organolettico è uguale o superiore a 5,5; la cui acidità libera espressa in acido oleico è al massimo di 2 g. per 100 g. 
c. Olio di oliva vergine corrente: olio di oliva vergine il cui punteggio organolettico è uguale o superiore a 3,5; la cui acidità libera espressa in acido oleico è al massimo di 3,3 g. per 100 g. 
d. Olio di oliva vergine lampante: olio di oliva vergine il cui punteggio organolettico è inferiore a 3,5 e l'acidità libera espressa in acido oleico è superiore a 3,3 g. per 100 g
Olio di oliva raffinato
È l'olio di oliva ottenuto dalla raffinazione (trattamento chimico/fisico come previsto per gli oli di semi) di oli di oliva vergini, la cui acidità libera espressa in acido oleico non può eccedere 0,5 g. per 100 g
Olio di oliva
È l'olio di oliva ottenuto da un taglio di olio di oliva raffinato e di oli di oliva vergini diversi dall'olio lampante, la cui acidità libera non può eccedere 1,5 g. per 100 g. 
Olio di sansa di oliva greggio 
È l'olio ottenuto mediante trattamento al solvente di sansa di oliva, esclusi gli oli ottenuti con processi di riesterificazione e qualsiasi miscela con oli di altra natura 
Olio di sansa di oliva raffinato
È l'olio ottenuto dalla raffinazione di olio di sansa di oliva greggio, la cui acidità libera espressa in acido oleico non può eccedere 0,5 g. per 100 g.
Olio di sansa di oliva
È l'olio ottenuto da un taglio di olio di sansa di oliva raffinato e di oli di oliva vergini diversi dall'olio lampante, la cui acidità libera non può eccedere 1,5 g. per 100 g.
  

 

 
Smaltimento dei reflui della lavorazione delle olive
 

I residui della lavorazione delle olive sono diversi a seconda del tipo di impianto per l'estrazione dell'olio presente nel frantoio. Gli impianti a pressa (ciclo discontinuo) e gli impianti continui a tre fasi producono sanse asciutte e acque di vegetazione. Gli impianti discontinui più recenti, a due fasi, producono un unico residuo di lavorazione, le sanse umide, ovvero la pasta di olive disoleata imbevuta della quantità di acqua costituzionale. Le acque di vegetazione prodotte dagli impianti dei primi due tipi hanno una forte carica inquinante legata all'elevato contenuto di sostanze organiche, all'acidità (pH 4,8-5) e alla ricchezza in sali minerali e in prodotti fenolici. Ciò vale in particolare per i frantoi a pressa, perché negli impianti a tre fasi le acque di vegetazione (come già detto) vengono notevolmente diluite per agevolare l'estrazione dell'olio. Se le sanse asciutte vengono normalmente cedute alle raffinerie per l'estrazione dell'olio di sansa, si pone la questione dello smaltimento delle acque di vegetazione, vista l'impossibilità di un loro adeguato trattamento nei depuratori urbani. Con i sistemi di estrazione a due fasi non c'è più il problema delle acque di vegetazione, ma si apre quello delle sanse umide, poco accettate dai sansifici per il loro scarso contenuto in olio.
La legge vigente ( L. 574/96, "Nuove norme in materia di utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione e di scarichi dei frantoi oleari") consente lo spandimento controllato delle acque di vegetazione su terreni adibiti ad usi agricoli. I limiti sono stabiliti in 50 m3/ha/anno per le acque provenienti da frantoi a ciclo tradizionale e 80 m3/ha/anno per quelle da impianti a ciclo continuo. Lo spandimento è soggetto alla presentazione al sindaco di una relazione tecnica redatta da un agronomo o perito agrario, agrotecnico o geologo. Le norme della legge si applicano in egual modo anche alle sanse umide. Lo spargimento dei reflui dei frantoi sul terreno è quindi una valida soluzione sia dal punto di vista ambientale, che agronomico. E' da considerare anche la possibilità di rendere più nobili queste sostanze mediante il compostaggio.
 

 

 
Coltura dell'olivo

 
Una delle caratteristiche che contraddistingue l'olio d'oliva da quasi tutti gli altri oli alimentari, è che viene estratto da un frutto, quello dell'olivo: quest'ultimo è una pianta longeva, soprattutto nelle condizioni pedo-climatiche più favorevoli. L'olivo coltivato è l'olivo euopaea sativa Hoffm. La lunghezza del ciclo biologico è da attribuire essenzialmente alla capacità che ha questa pianta di rigenerare completamente ed abbastanza facilmente sia la chioma che l'apparato radicale. Una caratteristica dell'olivo, sia nelle piante giovani che in quelle adulte, è la formazione di iperplasie (ovoli, mamelloni, o puppole) nella zona del colletto; queste formazioni neo-plastiche sono ricche di gemme avventizie e di iniziali radicali, che s'ingrossano velocemente. Nelle piante adulte gli ovuli si fondono e formano degli ammassi in prossimità dei colletti. 

Strutture simili a queste si possono ritrovare anche in altre parti del tronco e delle branche, soprattutto in corrispondenza di zone di cicatrizzazione. Negli olivi più vecchi gli ammassi di ovuli è tale da costituire un voluminoso ingrossamento alla base del fusto (pedale, ciocco o ceppo). In natura l'olivo è una pianta cespugliosa, e solo con la tecnica di potatura si alleva ad un solo fusto; emette però annualmente numerosi polloni. 
Le radici per lo più di tipo avventizio, si sostituiscono a quelle fittonanti già dal 3°-4° anno, sono superficiali e molto espanse, con andamento dapprima obliquo e poi orizzontale. L'olivo è una specie tipicamente "basitona", per cui la chioma assume la forma conica.
Il fusto, la cui distinzione in "pedale" e "tronco"si evidenzia a partire dal 5°-6° anno, nelle piante adulte, si presenta cilindrico, molto contorto, ricco di gibbosità, di colore grigio chiaro, percorso longitudinalmente da vistose costolature (corde o costoloni), derivanti dalla non uniforme attività del cambio. Il tronco può essere ulteriormente deformato da grosse masse di cicatrizzazione, provocate dal gelo o dall'asportazione di notevoli quantità di legno. L'olivo è una pianta sempreverde, la cui attività vegetativa è continua, con una certa attenuazione nel periodo invernale. La "fogliazione" avviene dalla primavera all'autunno; le foglie persistono sulla pianta per 1, 2 o 3 anni. 
Le foglie, disposte in verticilli ortogonali fra di loro, sono coriacee, semplici, intere, lanceolate, con picciolo corto e lembo leggermente ricurvo verso il basso; la pagina inferiore è di colore più chiaro e ricoperta di peli stellati pluricellulari; questi, unitamente alla spessa cuticola che ricopre la pagina superiore, contribuiscono al controllo della traspirazione e permettono alla pianta di economizzare notevoli quantità di acqua.
Le gemme sono per lo più di tipo ascellare. Importanti sono anche quelle avventizie, che si originano di preferenza nelle iperplasie. Nell'olivo, in particolare nelle piante molto vigorose, oltre a quelle a legno e quelle a fiore, è possibile trovare anche gemme miste.
Il fiore è di norma ermafrodito, piccolo, con calice di 4 sepali e corolla gamopetala formata da 4 petali bianchi; il peduncolo è molto corto (2-5 mm); l'ovario è supero, biloculare, con due ovuli in ogni loculo. Il pistillo è dotato di un breve stilo e di uno stigma bifido; gli stami sono 2, con i filamenti saldati alla corolla. I fiori dell'olivo sono raggruppati, in modo variabile da 10 a 15 in infiorescenze a grappolo chiamate "mignole". Queste si formano da gemme situate su rami dell'annata precedente, su rami di 2-3 anni e, in alcuni casi, anche su germogli dell'anno, quando le "mignole" si originano da gemme miste. L'emissione delle infiorescenze ("mignolatura") è scalare ed inizia nella parte di chioma esposta a sud; inoltre è abbastanza precoce: per questo in certe zone la pianta può essere soggetta a danni causati dalle gelate tardive. La fioritura vera e propria avviene nel periodo compreso dalla fine di Maggio alla prima decade di Giugno. La recettività dello stigma dura 4-5 giorni. 
Il frutto è una drupa ovoidale, dal peso di 2-3 grammi nelle cultivar da olio. È costituito da una membrana (epicarpo o buccia). Il colore varia dal verde al violaceo, fino al nero. Sotto l'epicarpo vi è la polpa (mesocarpo), nella quale è presente in pratica tutto l'olio estraibile, e che racchiude a sua volta il nocciolo (endocarpo). All'esterno il nocciolo è legnoso e duro, all'interno comprende la mandorla (endosperma). Nelle cellule dell'esocarpo, soprattutto all'interno dei vacuoli, troviamo l'olio. L'incremento dell'olio si associa ad alcune variazioni di composizione:
- diminuzione di acqua nella polpa;
- diminuzione dell'acidità e parallelo aumento del pH nell'acqua di vegetazione;
- diminuzione del tenore proteico;
- diminuzione degli zuccheri.
Dati analitici dimostrano che non è opportuno aspettare la maturazione completa della drupa per avere una resa in olio ottimale.
L'oliva matura è composta da grassi rappresentati in prevalenza da "gliceridi":troviamo in particolare trigliceridi, accompagnati da una bassa percentuale di digliceridi, monogliceridi e acidi liberi. Presenti in piccola quantità sono anche i glicolipidi, i fosfolipidi e altre sostanze liposolubili. Nel nocciolo, e in minor misura nella buccia, abbiamo: la cellulosa, la lignina e numerose sostanze fibrose. Nella polpa e nella buccia, si trovano anche sostanze fenoliche e polifenoliche, di grande importanza per il loro ruolo di antiossidanti. Le cultivar più utilizzate per la produzione di olio locale sono: Pisciottana, Rotondella, Ogliarola, Frantoio, Salella e Leccino.
 

 
Un aspetto che da sempre ha caratterizzato l'olivicoltura è l'alternanza di produzione. ripercuotendosi in modo non indifferente sul prezzo dell'olio e delle olive da tavola.
Le cause che determinano l'alternanza possono essere in larga misura ascrivibili a squilibri di tipo nutrizionale ed ormonale. L'elevata produzione di un'annata, oltre ad indirizzare verso i frutti la maggior parte delle sostanze nutritive, a discapito della differenziazione delle gemme, tende ad esaurire anche le riserve localizzate in gran parte nelle radici, nel pedale e nel tronco. Nell'annata successiva quindi, sia per la scarsa differenziazione che per la bassa percentuale di frutti allegati, si avrà una produzione inferiore, che però permetterà alla pianta di accumulare molte riserve nutritive e differenziare un gran numero di gemme: avremo così una nuova annata di elevata produttività ed il ciclo si potrà ripetere. Ad innescare il fenomeno, o ad accentuarlo, concorrono diversi fattori: condizioni climatiche sfavorevoli, attacchi parassitari, irrazionali pratiche colturali (soprattutto concimazione e potatura), vigoria della pianta, carenze idriche, eccessivo ritardo nella raccolta dei frutti e la predisposizione della cultivar. Per contrastare questo fenomeno è indispensabile intervenire in modo razionale e continuato, per favorire il giusto equilibrio fra attività vegetativa e produttività della pianta.
Allo scopo si può operare in diversi modi:
- scegliendo, prima dell'impianto, le condizioni pedoclimatiche più favorevoli;
- distribuendo più regolarmente la produzione sulla pianta con interventi straordinari di potatura, es. incisione anulare;
- praticando razionalmente la concimazione e l'irrigazione;
- potando regolarmente ogni anno ed operando in modo tale da adeguare la fruttificazione all'attività vegetativa;
- effettuando una regolare lotta antiparassitaria;
- anticipare quanto più possibile l'epoca di raccolta.
 

 

 

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